Storia delle dighe
La storia delle dighe e l’evoluzione delle tipologie
Storia delle dighe
Parte 1 - Le prime dighe e le prime lezioni della Storia
È quasi una banalità ricordare quanto fondamentale sia, per un Paese, per una comunità, l'importanza delle dighe: senza le dighe non sarebbe possibile l'irrigazione dei campi o l'alimentazione idrica dei centri urbani o, perlomeno, non sarebbe possibile che queste attività fossero svolte su larga scala e in modo programmato. L'acqua dolce si può prelevare solo dalle sorgenti, dai pozzi e dai fiumi. Sorgenti e pozzi raramente riescono a soddisfare le molteplici esigenze di una popolazione. Restano i corsi d'acqua, ma senza le dighe l'erogazione sarebbe strettamente dipendente dalle loro portate incostanti, o dalle loro esondazioni spontanee, come avveniva nell'antico Egitto. Ma un'agricoltura, e più in generale un'economia, dipendente dal regime dei corsi d'acqua è un'economia fragile, perché troppo soggetta ai capricci della natura: da un lato le siccità, dall'altro le inondazioni devastanti, per non parlare dei problemi derivanti dalle aree paludose che spesso si formano vicino al basso corso dei fiumi.
Questi sono i motivi per cui, fin dalla più remota antichità, tutte le società organizzate hanno sentito la necessità di imbrigliare l'acqua dei fiumi, deviandone il corso e/o creando invasi per alimentare acquedotti e canali di irrigazione. E questo è sempre stato fatto con le dighe.
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Parte 2 - Le dighe in materiali sciolti e miste
Un po' come sempre è accaduto per le specie viventi, così le tipologie delle dighe di ritenuta si sono evolute nei secoli non solo in seguito a una sorta di selezione naturale che determinava la riproduzione di alcune caratteristiche vincenti e l'abbandono di altre, ma anche, o meglio soprattutto, in relazione alle condizioni ambientali che suggerivano, e talora imponevano, determinate risposte progettuali. E le condizioni ambientali per una diga sono principalmente rappresentate dalle caratteristiche geometriche e geologiche della stretta destinata ad ospitarla e dalla disponibilità dei materiali con cui realizzarla, oltre che da fattori economici e sociali che in molti casi portano ad orientare la progettazione in una direzione piuttosto che in un'altra.
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Parte 3 - Le dighe ad arco e ad archi multipli
Si è visto come la riscoperta delle dighe in materiali sciolti per altezze di ritenuta rilevanti sia un fatto relativamente recente. Fino a tutto il XIX secolo la tipologia prevalente per le più alte dighe di ritenuta è quella delle dighe in muratura, nella cui famiglia si possono individuare due sottofamiglie: quella delle dighe a gravità e quella delle dighe ad arco.
Al progetto delle dighe murarie, e di quelle ad arco in particolare, mediante criteri di calcolo razionali, basati su una corretta valutazione delle sollecitazioni agenti e della resistenza dei materiali, si è giunti solo in epoca moderna. Cionondimeno, il principio dell'arco, cioè la possibilità di trasmettere il carico sugli appoggi mediante una struttura arcuata relativamente snella, è noto fin dall'antichità. L'applicazione di questo principio alle dighe di ritenuta ha consentito la costruzione di sbarramenti di questa tipologia anche in epoche remote. Tuttavia, come vedremo, la tipologia ad arco non fu frequentissima tra le dighe più antiche.
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Parte 4 - Dighe a gravità alleggerita e dighe a gravità massiccia
Si è lasciata per ultima, in queste pagine dedicate alla storia delle dighe, la tipologia delle dighe a gravità, da sempre la più comune nel campo delle grandi dighe, quantomeno nel mondo occidentale.
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Parte 5 - Antiche dighe a gravità italiane
In Italia non si conservano dighe a gravità antecedenti alla seconda metà del XIX secolo paragonabili alle imponenti dighe spagnole, ma di almeno una si conserva il ricordo. Si tratta della maggiore delle tre (più probabilmente due) dighe romane di Subiaco, che nella stretta vallata fra i Monti Simbruini sbarravano il corso dell'Aniene formando altrettanti laghi artificiali, detti Simbruina stagna (laghi Simbruini), sulle cui opposte sponde sorgevano i diversi padiglioni della villa di caccia dell'imperatore Nerone.
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Parte 6 - L'evoluzione della tipologia a gravità
Può essere di qualche interesse, prima di raccontare l'evoluzione della tipologia a gravità dalle antiche forme ciclopiche alle moderne e molto più snelle sezioni triangolari, spendere qualche parola su come erano costruite le antiche dighe murarie, e di che materiali erano costituite.
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Parte 7 - La sottospinta, l'ultimo gradino
Già nel 1872, in un articolo pubblicato sulla rivista inglese "The Engineer", William J.M. Rankine evidenziò alcuni limiti dei profili proposti dagli Autori francesi. In particolare, egli osservò come al lembo di valle di ogni sezione orizzontale, quando il paramento fosse stato inclinato rispetto alla verticale, gli sforzi di compressione massimi non sarebbero stati quelli verticali, bensì quelli paralleli al paramento, che potevano dunque superare i 6 kg/cm² ammessi da De Sazilly.
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Fonti bibliografiche e iconografiche
Riferimenti bibliografici e iconografici relativi a quanto citato negli articoli sulla storia delle dighe.