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Direzione generale per le dighe
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Dipartimento per le opere pubbliche, le politiche abitative
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  • Parte 4 - Dighe a gravità alleggerita e dighe a gravità massiccia

    Si è lasciata per ultima, in queste pagine dedicate alla storia delle dighe, la tipologia delle dighe a gravità, da sempre la più comune nel campo delle grandi dighe, quantomeno nel mondo occidentale.

    La diga di Ontígola


    Si è detto che le dighe a gravità, in muratura o in calcestruzzo, sono quelle che trattengono la spinta dell'acqua invasata grazie al proprio peso. Nella tecnica si distinguono dighe a gravità massiccia e dighe a gravità alleggerita, essendo queste ultime quelle che presentano dei vani al proprio interno o sul lato di valle (in figura la diga a vani interni di Scais).

    diga di Scais planimetria

    fig. 1: La diga di Scais, Sondrio, 1939, planimetria generale, prospetto da valle e foto panoramica (MINISTERO LL.PP. 1961).
    H = 64,7 m, L = 401 m, V = 9,06 Mm³

    diga di Scais foto

    fig. 2: Foto della diga di Scais.

    Fino al termine del XIX secolo, le dighe a gravità "alleggerite" sono riconducibili senza eccezioni alla tipologia del muraglione con contrafforti, di cui si hanno esempi risalenti all'antica Roma. Ai già citati casi delle dighe spagnole di Esparragalejo e Almonacid de la Cuba possono aggiungersi, tra gli altri, quelli delle piccole dighe di IturranduzAraya in Spagna e di Olisipo in Portogallo.

    Con la caduta dell'Impero Romano, in Europa il concetto della diga con contrafforti fu sostanzialmente perduto. In letteratura si riporta la sola eccezione della diga di Ereruyk (o Yereruyk), in Armenia, risalente al V-VI secolo, non distante dalle rovine di una importante basilica paleocristiana. Si dovette aspettare circa un millennio per veder rinascere, nella Spagna di Filippo II, la tipologia delle dighe con contrafforti.

    A questo periodo risale la diga di Ontígola (1573), realizzata per irrigare i giardini reali di Aranjuez, nella quale tuttavia i contrafforti rappresentarono un elemento di supporto applicato a posteriori, per rinforzare uno sbarramento originariamente formato da un terrapieno contenuto, a monte e a valle, da semplici muri di sostegno in muratura di pietrame (fig. 4). Allo stesso periodo, verosimilmente agli anni 1565-70, risale la costruzione della diga di Casillas II (8,70 metri), interamente in muratura di pietrame, formata da due tratti rettilinei il maggiore dei quali provvisto di contrafforti, e la diga della Albuhera de San Jorge (11 metri), pure in muratura di pietrame, la cui costruzione parrebbe essere iniziata nel 1572 e terminata dopo oltre un secolo (FERNÁNDEZ ORDÓÑEZ et al. 1985).

    diga di Ontígola

    fig. 3: La diga di Ontígola (o anche, in passato, Antígola), Spagna, 1572, in una stampa del 1832 (per cortesia della Biblioteca Nacional de España).
    H = 10,3 m, L = 140 m, V = 1 Mm³ (capacità originaria)

    diga di Ontígola sezioni

    fig. 4: Sezioni della diga di Ontígola, in Spagna (sulla cui geometria e consistenza, qui ricostruita sulla base delle informazioni disponibili, non univoche, permangono ad oggi alcune incertezze).
    Lo sbarramento originario, realizzato negli anni 1563-65, era formato da un terrapieno contenuto, a monte e a valle, da due muri di sostegno rettilinei in muratura di pietrame. I due muri non erano in realtà perfettamente paralleli, variando la loro distanza (e lo spessore del terrapieno) da meno di 3 m in destra a circa 6 m in sinistra.
    Terminati i lavori e invasato il bacino, nel marzo del 1565 fu osservata sul terrapieno una crepa determinata dal cedimento parziale del muro di valle. Si provvide allora a svuotare il bacino, ispessire i muri di contenimento, realizzare alcuni drenaggi nel muro di valle e disporre cinque contrafforti a valle, a sostegno di quest'ultimo.
    Quasi al termine dei lavori predetti, all'inizio del 1568, si manifestò una crepa sul muro di monte, che fu riparata. I lavori proseguirono nei mesi seguenti finché, nel mese di giugno, si verificò il crollo di gran parte del muro di monte.
    Si provvide perciò non solo a ricostruire le parti crollate, ma anche a realizzare un secondo e più ampio terrapieno a monte del precedente, stavolta contenuto da un muro ancora più robusto e dotato anch'esso di contrafforti sul lato di valle. Furono inoltre realizzate due luci di sfioro in sinistra.
    Lo spessore del terrapieno di monte, al netto dei muri di contenimento, è costante, pari a circa 11,5 m.
    (DÍAZ-MARTA 1992; GARCÍA TAPIA et al. 1985; SCHNITTER 1986).

    Fu comunque nel XVIII secolo che in Spagna, e nelle colonie spagnole del centro e sud America, si ebbe una grande diffusione delle dighe con contrafforti, in quanto razionale alternativa, per altezze di ritenuta piuttosto contenute, alle ciclopiche dighe a gravità massiccia dell'epoca. Fra le più ragguardevoli (poco meno o sopra i 20 metri di altezza), quelle di Albuhera de Feria (originariamente 18 metri, Spagna, vedi fig. 5), San Blas (24 m, Messico), Los Arquitos (18 m, Messico). In Francia fu costruita tra il 1777 ed il 1781 la diga di Lampy (16 m).

    Albuhera de Feria sezioni

    fig. 5Schema dei rialzi successivi della diga di Albuhera de Feria, in Spagna (qui in un'immagine del sito della Junta de Extremadura). La diga, terminata nel 1747 e originariamente destinata all'alimentazione di alcuni mulini, era costituita da un muro di sezione pressoché rettangolare di 18 m di altezza ed 11 m di larghezza massima. L'asse planimetrico era rettilineo, e lo sviluppo del coronamento risultava certo inferiore ai circa 150 m attuali. La diga era rinforzata a valle da un sistema di contrafforti di 3,2 m di spessore disposti con un interasse regolare di circa 9 m.
    Non si hanno notizie sull'esistenza di uno sfioratore, che in ogni caso non sarebbe stato sufficiente ad evitare allagamenti a valle, quando nel 1790 si verificò la tracimazione del coronamento. I danni prodotti dalla tracimazione dovettero essere importanti, giacché si mise mano immediatamente al rinforzo dei contrafforti e, nei vent'anni successivi, alla sopraelevazione dell'opera.
    L'incremento di altezza consistette nella realizzazione, sul lato di monte, di un muro di minor spessore rispetto allo sbarramento originario, creando un ampio percorso sul coronamento delimitato a valle da un parapetto.
    Al fine di incrementare l'approvvigionamento idrico della città di Almendralejo, un nuovo rialzo dell'opera fu intrapreso nel 1950 sopra quello realizzato nel 1810, elevando l'altezza totale della diga fino a circa 23,5 m sulla fondazione e, corrispondentemente, il volume di invaso a poco meno di 1 Mm³. Lo sbarramento che forma il rialzo presenta una pendenza a monte di 0,05, e a valle di 0,76.
    I successivi rialzi della diga realizzati nel 1810 e nel 1950 hanno portato ad una progressiva diminuzione del rapporto larghezza/altezza da un valore iniziale di circa 0,61 a un valore intermedio di 0,55 e infine a un valore corrente di 0,46. Le dimensioni iniziali della diga rivelano un comportamento resistente prevalentemente a gravità massiccia, nel quale la collaborazione dei contrafforti non è necessaria a garantire la stabilità al ribaltamento nelle condizioni più sfavorevoli. Viceversa, attualmente la riduzione del rapporto larghezza/altezza e la ridotta sezione del rialzo determinano un aumento percentuale del contributo resistente dei contrafforti, fino a renderli essenziali per la stabilità in condizioni di massima sollecitazione (SALDAÑA ARCE et al. 2007).

    La moratoria nella costruzione di grandi invasi seguita, in Spagna, al disastro della seconda diga di Puentes nel 1802, riguardò, naturalmente, anche le dighe a gravità con contrafforti. Così in Europa, nel XIX secolo, il primato nella costruzione delle dighe, di questa come di altre tipologie, passò alla Francia. Sono degni di nota, in particolare, i casi delle dighe di Tillot (1834, 20 m), Chazilly (1837, 25,6 m), Gros-Bois (1838, 28,3 m) e Pont (1883, 26,5 m).

    Le dighe francesi di Gros-Bois

    fig. 6:  Le dighe francesi di Gros-Bois, 1838, e Pont, 1883 (TORRICELLI et al. 1886).Gros-Bois   H = 28,3 m, L = 549,65 m, V = 9,2 Mm³
    Pont       H = 26,5 m, L = 150,89 m, V = 5,3 Mm³

    Nel XX secolo, grazie all'aumentata resistenza dei materiali e alla fiducia (talora anche eccessiva) dei progettisti sulla durabilità del calcestruzzo armato in condizioni severe di esercizio quali possono essere quelle di una diga di ritenuta, le dighe a gravità alleggerita si sono diffuse in tutto il mondo presentandosi in numerosissime varianti che non è possibile qui esaminare nel dettaglio. In molti casi, e particolarmente nel caso più estremo delle dighe a solette di calcestruzzo armato sostenute da contrafforti, il grado di alleggerimento è tale che la stabilità dell'opera viene conseguita in virtù non solo del peso della struttura, ma anche del peso dell'acqua sovrastante al paramento di monte, appositamente inclinato rispetto alla verticale (in figura la diga di Stony Gorge, in California). L'espediente di chiamare l'acqua invasata ad appesantire la diga è anche caratteristico di molte dighe a volte multiple, soprattutto nel caso delle più leggere, in cemento armato, caratterizzate da sezioni alquanto sottili delle volte e dei contrafforti. Del resto, la categoria delle dighe a volte multiple e quella delle dighe a solette sostenute da contrafforti condividono sostanzialmente la stessa filosofia progettuale: quella di formare lo sbarramento con elementi resistenti di sezione relativamente sottile grazie all'espediente di realizzare delle "spalle intermedie" ravvicinate costituite dai contrafforti. E trattandosi comunque di strutture fortemente alleggerite, è chiaro come possa rendersi necessario, in molti casi, far conto sul peso dell'acqua per la stabilità dell'opera.

    Le dighe francesi di Gros-Bois

    fig. 7: La diga di Stony Gorge, California, USA, 1928 (fonte: U.S. Library of Congress).
    H = 42,4 m, L = 265 m, V = 62 Mm³

    Le dighe francesi di Gros-Bois

    fig. 8: Disegni della diga di Stony Gorge (USBR 1938). Si osserva nelle sezioni trasversali la forte inclinazione del paramento di monte, finalizzata a utilizzare il peso dell'acqua per favorire la stabilità della struttura alleggerita.

    Venendo infine alle dighe massicce, di cui comunque, nel corso della storia, le dighe a contrafforti hanno rappresentato una variante tutt'altro che infrequente, abbiamo avuto modo di osservare più volte come anticamente il loro dimensionamento avvenisse secondo criteri empirici, e ciò dava luogo a sezioni trasversali ampiamente sovrabbondanti, rispetto agli attuali standard; il materiale impiegato era sicuramente molto più di quanto sarebbe stato strettamente necessario. Comunque, a dimostrazione della veridicità del detto latino "melius est abundare quam deficere", alcune di queste dighe sono giunte fino a noi in eccellente stato di conservazione. Le più maestose si trovano in Spagna. La Spagna, ancora nell'800, nonostante la sciagura di Puentes, era considerata forse il paese più evoluto d'Europa per quanto attiene alle opere di accumulo e di irrigazione; sono ben noti, nella letteratura di settore, i resoconti dei viaggi di studio compiuti in Spagna da M. Aymard su incarico del Governo francese e da G. Torricelli e G. Zoppi su incarico di quello italiano (cfr. AYMARD 1864 e TORRICELLI et al. 1888).

    La fig. 9 riporta e confronta le sezioni maestre di alcune grandi dighe spagnole citate nel rapporto degli Ingg. Torricelli e Zoppi, evidenziando come alle sezioni tozze e sovrabbondanti in uso fino alla metà dell'800 siano poi seguite sezioni più moderne e razionali. Sugli sviluppi della tecnica costruttiva e progettuale che resero possibile questa evoluzione nelle dighe a gravità massicce si riferirà nelle pagine successive.

    Raffronto fra le sezioni maestre di alcune dighe murarie a gravità massiccia costruite in Spagna in epoche diverse

    fig. 9:  Raffronto fra le sezioni maestre di alcune dighe murarie a gravità massiccia costruite in Spagna in epoche diverse (TORRICELLI et al. 1888). Si osserva come le sezioni massicce e sovrabbondanti che avevano caratterizzato le dighe realizzate fino alla prema metà dell'800 (dighe di Alicante, Puentes II, Nijar e Lozoya), sul finire del secolo XIX vengano abbandonate, e subentrino sezioni più razionali e simili a quelle delle odierne dighe a gravità (dighe di Villar, Puentes III e Hijar).

    La più imponente delle dighe spagnole era senza dubbio la diga di Alicante, conosciuta anche come diga di Tibi, ai suoi tempi la seconda più alta del mondo (46 metri). Era superata solo dalla diga ad arco di Kurit in Iran, di cui già si è detto, ma in Europa, dove la diga di Kurit non era nota, era comune convinzione che la diga di Alicante fosse la più alta mai costruita. Fu realizzata negli anni 1579 - 1594, ed è tutt'ora in esercizio.

    Alicante (Llauradò)

    fig. 10:   La diga di Alicante (o di Tibi), Spagna, 1594, (LLAURADÓ 1884). Dall'alto e da sinistra: planimetria; sezione verticale lungo l'opera di presa; sezione verticale lungo lo sghiaiatore; paramento di valle; paramento di monte.
    H = 42,7 m (altezza fuori terra a valle), L = 84 m, C = 3,7 Mm³

    Val la pena di accennare alla procedura di sfangamento periodico, minutamente descritta dall'Aymard e dagli italiani Zoppi e Torricelli nei loro resoconti, grazie alla quale questa diga ha potuto restare in esercizio per oltre quattro secoli senza che il bacino si interrisse per l'accumularsi dei sedimenti. La diga è dotata di un ampio scarico di fondo-sghiaiatore che a monte ha una sezione di 1,80 m di larghezza per 2,70 di altezza e si allarga verso valle raggiungendo una sezione di 4,00 x 5,85 m allo sbocco (fig. 11). La ragione di questa conformazione, da un lato è che a monte non si avesse una sezione troppo larga da chiudere usando delle travi di legno, e dall'altro che i sedimenti non tendessero a incastrarsi lungo il condotto, formando un tappo che poi sarebbe stato difficile e pericoloso andare a rompere.

    Alicante (particolare - Torricelli)

    fig. 11:  Diga di Alicante, sezione lungo lo sghiaiatore e particolare del sistema di chiusura (TORRICELLI et al. 1888).

    Lo sghiaiatore era chiuso da una porta costituita da travi di pino squadrate di sezione 0,30 x 0,30 m affiancate verticalmente e calafatate, incastrate in scanalature praticate sulla platea e sulla volta, e da una controporta applicata subito a tergo, costituita da travi di medesima sezione disposte orizzontalmente e incastrate in scanalature praticate nei piedritti. Dietro la controporta si disponevano ancora tre travi verticali puntellate da altre travi inclinate poggianti entro appositi intaccamenti praticati nella platea.

    Ad intervalli di tempo che potevano variare fra i quattro e i dodici anni (mai più brevi perché quattro anni era il periodo minimo necessario affinché i sedimenti nel bacino raggiungessero uno spessore e una coesione sufficiente), gli operai penetravano da valle nella galleria di scarico e smontavano i puntelli e le travi della controporta. Non restava allora che la porta, sulla quale veniva praticato un foro per verificare lo stato di coesione del limo. Se la coesione era ritenuta sufficiente, si incominciava a demolire la porta, sempre pronti a scappar via se si notavano movimenti della parete di sedimenti non più contenuta dalle travi della porta. Alla fine, gli operai uscivano dalla galleria e, saliti sul coronamento, prendevano a percuotere la superficie dei depositi con una lunga spranga di ferro appuntita, del peso di mezza tonnellata, appesa a un verricello, allo scopo di praticare un foro nella massa dei sedimenti. Alla fine questa operazione innescava il passaggio dell'acqua attraverso lo sghiaiatore e il trascinamento a valle dei depositi con moto turbinoso e rumorosissimo.

    Quando lo sfangamento si faceva dopo un intervallo di tempo di dieci anni o più, la compattezza dei depositi era tale che questi resistevano alla pressione dell'acqua pure quando il foro realizzato con la spranga fosse stato spinto fino alla base del bacino. In questo caso si era obbligati, prima di praticare il foro dall'alto, a scavare con la pala una specie di caverna di uno o due metri di profondità davanti all'imbocco dello sghiaiatore, operazione che oggi non sarebbe certo ritenuta il linea con le norme sulla sicurezza dei lavoratori.

    Terminata la fase di evacuazione turbinosa dei sedimenti, la parte che ancora restava nel bacino veniva spalata e scaricata a forza di braccia nella corrente del fiume che provvedeva a convogliarla a valle. Si sceglieva per questa operazione il periodo primaverile, per poter contare su una corrente abbondante anche a bacino vuoto.

    Questo regime di spurgo periodico del bacino non era esclusivo della diga di Alicante, ma con modalità simili avveniva in altre dighe della Spagna (Almansa, Elche) e del resto del mondo. E nonostante l'evidente pregiudizio per la sicurezza degli operatori, è questo il segreto del plurisecolare esercizio di molte antiche dighe murarie, insieme con le loro sovrabbondanti (ma rassicuranti) dimensioni.

    Fonti iconografiche e riferimenti bibliografici


    AYMARD 1864............................................. AYMARD, Maurice - Irrigations du midi de l'Espagne - Études sur les grands travaux hydrauliques et le régime administratif des arrosages de cette contrée. Ed. Eugène Lacroix - Parigi, 1864 (con Atlante fuori testo).

    DÍAZ-MARTA 1992.................................... DÍAZ-MARTA, Manuel - Cuatro obras Hidráulicas Antiguas entre la Mesa de Ocaña y la Vega de Aranjuez. Ed. Caja de Ahorro de Toledo - Madrid, 1992.

    FERNÁNDEZ ORDÓÑEZ et al. 1985...... FERNÁNDEZ ORDÓÑEZ, José Antonio; MARTÍNEZ VÁZQUEZ DE PARGA, Rosario; ABAD BALBOA, Tomás; ANDRÉS MATEO, Carmen; GALÁN HERGUETA, Aurora - Catálogo de noventa Presas y Azudes Españoles anteriores a 1900. Ed. CEHOPU, Madrid, 1984.

    GARCÍA TAPIA et al. 1985....................... GARCÍA TAPIA, Nicolás; RIVERA BLANCO, Javier - La presa de Ontígola y Felipe II. In: Revista de obras públicas. N° 3236, 1985, pagg. 479-492.

    LLAURADÓ 1884........................................ LLAURADÓ, Andrés - Tratado de aguas y riegos. Imprenta de Moreno y Rojas - Madrid, 1884, Volume 1 e Volume 2.

    SALDAÑA ARCE et al. 2007.................... SALDAÑA ARCE, Diego; BARCO HERRERA Ana Beatriz - Sobre el recrecido de las presas de mampostería españolas. In: Actas del Quinto Congreso Nacional de Historia de la Construcción. Ed. Instituto Juan de Herrera - Madrid, 2007, pagg. 803-814.

    SCHNITTER 1986........................................ SCHNITTER, Niklaus - Comentarios al artículo «La presa de Ontígola y Felipe II». In: Revista de obras públicas. N° 3248, 1986, pagg. 527-529.

    TORRICELLI et al. 1886............................. TORRICELLI, Giacomo; ZOPPI, Giuseppe - Laghi artificiali dell'Algeria, della Francia e del Belgio. Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Annali di Agricoltura n. 106. Tipografia Eredi Botta - Roma, 1886.

    TORRICELLI et al. 1888............................. TORRICELLI, Giacomo; ZOPPI, Giuseppe - Irrigazioni e laghi artificiali della Spagna. Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Annali di Agricoltura n. 141. Tip. di G. Barbèra - Firenze, 1888.

    USBR 1938..................................................... U.S. DEPARTMENT OF THE INTERIOR - BUREAU OF RECLAMATION (USBR) - Dams and Control Works. Ed. U.S. Government Printing Office - Washington, 1938.


    Data aggiornamento: 22/04/2022

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