È quasi una banalità ricordare quanto fondamentale sia, per un Paese, per una comunità, l'importanza delle dighe: senza le dighe non sarebbe possibile l'irrigazione dei campi o l'alimentazione idrica dei centri urbani o, perlomeno, non sarebbe possibile che queste attività fossero svolte su larga scala e in modo programmato. L'acqua dolce si può prelevare solo dalle sorgenti, dai pozzi e dai fiumi. Sorgenti e pozzi raramente riescono a soddisfare le molteplici esigenze di una popolazione. Restano i corsi d'acqua, ma senza le dighe l'erogazione sarebbe strettamente dipendente dalle loro portate incostanti, o dalle loro esondazioni spontanee, come avveniva nell'antico Egitto. Ma un'agricoltura, e più in generale un'economia, dipendente dal regime dei corsi d'acqua è un'economia fragile, perché troppo soggetta ai capricci della natura: da un lato le siccità, dall'altro le inondazioni devastanti, per non parlare dei problemi derivanti dalle aree paludose che spesso si formano vicino al basso corso dei fiumi.
Questi sono i motivi per cui, fin dalla più remota antichità, tutte le società organizzate hanno sentito la necessità di imbrigliare l'acqua dei fiumi, deviandone il corso e/o creando invasi per alimentare acquedotti e canali di irrigazione. E questo è sempre stato fatto con le dighe.